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Raffaele Piazza - Lame da rasoi (2008)

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     Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Ha già pubblicato alcune raccolte di poesia. Tutte le poesie del libro, che prendiamo in considerazione in questa sede, sono centrate nella pagina e, spesso, essendo costituite di versi brevi, sono verticali. La raccolta ha una forte compattezza espressiva e non è suddivisa in scansioni; il poeta utilizza un linguaggio duro e crudo, del tutto antilirico, come se i versi fossero lame di rasoi, come dal titolo, e tutto il contesto è giocato nel dialogo serrato dell’io-poetante, con un “tu”, presumibilmente la figura dell’amata. La poesia che apre la raccolta ha un carattere vagamente programmatico e c’introduce nel mondo della poetica di Pozzoni. Questa poesia è intitolata Mani vuote:-”/Non hanno nessuna/ intenzione di capire,/ bimba mia,/ neanche da lontano,/ che non riusciranno/ mai, a rubare l’anima/ ai poeti, finché/ vive chiusa in/ casseforti dalle/ pareti di zinco,/ con borchie/ d’ottone,/ rubare/ anime/ di fanciulli,/ non conviene, perché si rimane,/ sempre a mani vuote/-”: questo componimento esprime una riflessione, non priva di ironia, sull’essenza della poesia e sull’anima dei poeti, potremmo dire sulla maledizione di essere poeti: il componimento può dirsi risolto in un apologo ben riuscito a favore dei poeti e della poesia, poesia tanto bistrattata e fraintesa, soprattutto ai giorni nostri, da quello che Erich Fromm, già negli anni ottanta stigmatizzava come il modello vincente, quello dell’avere rispetto a quello dell’essere, modello che è anche quello dell’arte e della poesia. In questi versi il poeta viene visto come un eterno fanciullo, come nella poetica del fanciullino pascoliano e, si potrebbe presumere il poeta stesso, come eterno adolescente, secondo la concezione leopardiana, schema che riecheggia alla lontana la forma dell’elogio dell’immaturità,, tema trattato da pedagogisti, filosofi e psicologi. In definitiva in questa poesia viene esaltata la dignità dell’essere poeta che si realizza nel possedere una natura inafferrabile, pur senza essere necessariamente vate. Una poesia differente dalle altre di Lame da rasoi, nelle quali è stabile la presenza di un “tu” è Animali braccati, che ha per tema il mondo del lavoro, spesso spietato, sul quale il poeta riflette. Si tratta di una poesia dal taglio sociopolitico, nella quale il tipo di linguaggio dell’autore bene si adatta alla materia trattata: c’è da notare, in questa poesia, tratto costante di tutte le poesie di Pozzoni, che il linguaggio è scabro ed essenziale nella sua icasticità e, nello stesso tempo, nitido e chiaro, dall’andamento narrativo.:-”/Cosa ci resta/ da fare, sbranati/ da immortali/ mondi del lavoro,/ con offerte inesistenti,/ rasentando sfruttamento,/ non retribuito da atti/ adatti alla vendetta,/ con l’umiliazione divorante/ di chi non sia filiusfamiliae,/ chiusi nel carcere d’oro/ della frustrazione, smarriti dentro a tunnel/ d’ansia demoralizzati,/ amoralizzati, immoralizzati?//…Attraverso i versi taglienti e acuminati del poeta, tali per le scelte lessicali e per il ritmo sostenuto, l’autore riesce a dipingere dire, situazioni che tanti lavoratori, soprattutto del settore operaio e impiegatizio, sono costretti a vivere sulla propria pelle: si tratta di un mondo del lavoro che sottende un bassissimo trattamento stipendiale, che crea scoraggiamento e disagio nel lavoratore, tra l’altro costretto ad azioni ripetitive, meccaniche e disumanizzanti. A tutto questo contesto si può affiancare il disagio creato dal mobbing, termine tipico del postmoderno, per farci intendere tutte le forme di screzi e cattiverie, che si verificano nel mondo degli uffici, da parte di colleghi più forti e maliziosi, ai danni dei colleghi più deboli. In questa raccolta l’amore e l’eros vengono scritti e vissuti a tinte forti, con parole gridate e, a volte sofferte, come l’amore fa soffrire, anche se può dare rassicuranti gioie: così, a questo proposito è paradigmatica la poesia Fiotti davena, che è antitetica alle poesie amorose di Neruda, come pure è molto lontana dalla tradizione amorosa latina e greca. In questa poesia ci sono espressioni che sconfinano nell’oscenità e l’amore non viene vissuto con delicatezza, anzi, si potrebbe affermare che l’io-poetante, più o meno autobiografico che sia, abbia paura della tenerezza. C’è da notare, in questi versi, l’ansia divorante di una sensualità aggressiva nel fare della donna un oggetto di piacere, pur provando amore e attenzione per la stessa figura femminile. Qui si nota un procedimento anaforico con la ripetizione di Prendimi forte all’inizio di ognuna delle tre strofe del componimento:-”/Pendimi forte/ tra le braccia/ e tira la catena/ maschera oscena/ grido d’arena/ sulle nottate vorticose/ d’anima in cancrena/ sulle giornate stese/ steso ad asciugare/ all’ombra dei rancori,/ sulle tue scommesse/ messe in mano a scaltri allibratori-/”. Notiamo in questi versi una densità metaforica e sinestesica veramente notevole e un procedimento per accumulo nei versi leggeri eppure icastici che si avvicendano con un ritmo sincopato. A volte si arriva, in questo componimento, ad un’esaltazione della sensualità:-”Prendimi forte/ spiazzami / tra le tue braccia/ e i tuoi seni,/ tira la catena,/ dopo esserti abbuffata/ bulimica, abulica…/” Se il corpo è importante come strumento di conoscenza, come elemento fondante nell’essere nel mondo, qui il corpo si riduce a sola carne, tesa in una ricerca spasmodica del piacere sessuale, congiunto, senza pudore, con quello del cibo: attraverso i versi di questa poesia il poeta ci fa anche sorridere con una velata ironia e, c’è da notare che, e questo è un pregio, nel suo eros esibito e disinibito, Pozzoni non cade mai in descrizioni violente: descrizioni, invece, quelle di Pozzoni, che illuminano il lettore sul senso del fare l’amore, come avviene in tante pagine della letteratura, utili per capire il senso dell’eros [commento a Lame da rasoi, Joker, 2008, sul blog Poetrydream].

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